La pandemia provocata dal nuovo coronavirus è ancora in corso e in alcuni paesi nella sua fase espansiva. I dati sulle caratteristiche cliniche di dei pazienti e i fattori prognostici sono quindi pezzi di un puzzle ancora tutto da comporre. Ovviamente nel caso dei fumatori, per l’effetto negativo del fumo sulla salute polmonare e per l’associazione con molte malattie respiratorie, si è fatta quasi subito l’ipotesi che la prognosi fosse meno favorevole. In più c’erano le evidenze degli effetti negativi sul sistema immunitario, soprattutto rispetto alla resistenza alle infezioni.
Gli studi precedenti avevano evidenziato, tra l’altro, che un fumatore avrebbe il doppio delle possibilità di ammalarsi di influenza e che in media ha sintomi più gravi. Inoltre, alla fine dell’epidemia di MERS-CoV, era emerso che la mortalità era più elevata tra i fumatori.
Per fare il punto della situazione Tobacco Induced Diseases ha pubblicato una revisione sistematica per valutare l’associazione tra il fumo e gli esiti della COVID-19 tra cui la gravità della malattia, la necessità di ventilazione meccanica, l’ospedalizzazione in terapia intensiva e la morte.
Sono stati utilizzati due database (PubMed, ScienceDirect) per il periodo 2019 e 2020. Ulteriori criteri di inclusione erano che gli studi fossero in inglese e riferiti all’uomo. Dopo lo screening sul full text sono stati inclusi soltanto cinque studi, tutti cinesi, quattro a Wuhan e uno in tutte le province della Cina continentale. Si trattava sempre di pazienti con COVID-19 e la dimensione del campione variava da 41 a 1099 pazienti.
In particolare, nello studio più grande che ha valutato la gravità, c’erano percentuali più alte di fumatori attuali ed ex fumatori tra i pazienti che avevano bisogno di supporto in terapia intensiva, ventilazione meccanica o che erano morti, e una percentuale più alta di fumatori tra i casi gravi. È stato calcolato che i fumatori avevano 1,4 volte più probabilità rispetto ai non fumatori (RR =1,4, IC 95% 0,98-2,00) di avere gravi sintomi di COVID-19 e circa 2,4 volte più probabilità di richiedere la terapia intensiva, la ventilazione meccanica e di morire (RR=2,4, IC 95% 1,43-4,04).
In sintesi, anche tenendo conto dei dati disponibili limitati e che i risultati non tengono conto di altri fattori che possono influenzare l’esito della malattia, il fumo è molto probabilmente associato alla progressione negativa e agli esiti avversi della COVID-19.
Smettere durante la pandemia
In un contesto del genere, smettere di fumare diventa una priorità, ma le opzioni possono essere più limitate del solito in questo momento.
Cochrane Tobacco Addiction, a riguardo, ha creato una raccolta speciale delle migliori prove disponibili per rispondere a questa esigenza durante la pandemia di COVID-19.
Lo speciale include revisioni Cochrane sui farmaci, sul supporto comportamentale, sui sistemi a distanza e sull’interruzione graduale. Dal novero degli interventi per smettere sono state escluse le sigarette elettroniche perché i rischi associati al loro uso in relazione alla pandemia non sono chiari.
Dalle evidenze emerge che la strategia migliore è un mix di farmaci per smettere di fumare e di terapia comportamentale. Come è ovvio, in questa fase di lockdown i metodi che fanno ricorso al telefono, a Internet e ai software di messaggistica sono quelli che hanno più probabilità di successo.
Fonti
Vardavas CI, Nikitara K. COVID-19 and smoking: a systematic review of the evidence. Tob Induc Dis 2020;18:20. Published online 2020 Mar 20. doi: 10.18332/tid/119324
Cochrane Special Collections. Coronavirus (COVID-19): effective options for quitting smoking during the pandemic.