Sulla base delle prove attuali, non c’è sufficiente certezza sull’efficacia e la sicurezza dell’ivermectina per trattare o prevenire il covid-19. Questo in base a una revisione Cochrane di cui si è parlato molto nelle ultime settimane.
L’ivermectina è un farmaco usato per trattare i parassiti, per esempio quelli intestinali negli animali e la scabbia nell’uomo. È economico e ampiamente utilizzato nelle regioni del mondo in cui le infestazioni parassitarie sono comuni. Di fatto ha pochi effetti indesiderati.
In laboratorio i test hanno dimostrato che l’ivermectina può rallentare la riproduzione di SARS-CoV-2, ma per raggiungere questi effetti sarebbero necessarie dosi maggiori nell’uomo e i regolatori non ne hanno finora approvato l’uso.
Nella revisione sono stati inclusi studi randomizzati controllati (RCT) che confrontavano l’ivermectina con nessun trattamento, standard di cura, placebo o un altro intervento comprovato per il trattamento di persone con diagnosi confermata di covid-19, indipendentemente dalla gravità della malattia, trattate in regime di ricovero o in regime ambulatoriale e per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2.
In totale sono stati presi in considerazione 14 studi che riguardavano l’ivermectina con 1678 partecipanti, ma nessuno studio ha confrontato l’ivermectina con un intervento di comprovata efficacia. C’erano nove studi che trattavano partecipanti con COVID-19 moderato in strutture ospedaliere e quattro casi di COVID-19 lievi in strutture ambulatoriali. Uno studio ha studiato l’ivermectina per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. Otto studi avevano un disegno in aperto, sei erano in doppio cieco e controllati con placebo.
Sulla base delle prove attuali (da molto bassa a bassa), è emerso che non esistono provo sufficienti sull’efficacia e la sicurezza dell’ivermectina per trattare le persone con covid-19 in ambito ospedaliero e ambulatoriale e per prevenire un’infezione da SARS-CoV-2 nelle persone che hanno avuto un’esposizione ad alto rischio. Non ci sono inoltre prove disponibili su quali siano la dose e il regime migliori di ivermectina. Nel complesso quindi le prove affidabili non supportano l’uso dell’ivermectina per il trattamento o la prevenzione di COVID-19 al di fuori di studi randomizzati controllati (RCT) ben progettati.
“Va notato che i dati di screening in vitro iniziali hanno suggerito che gli effetti antivirali per questo agente richiedono elevate concentrazioni dell’agente nei tessuti bersaglio”, rileva Penny Ward del Kings College di Londra. “Tuttavia, le dosi utilizzate negli studi fino ad oggi erano troppo basse per raggiungere queste concentrazioni, suggerendo che potrebbero essere necessarie dosi considerevolmente superiori a quelle utilizzate negli studi clinici in corso. Ciò potrebbe richiedere formulazioni alternative per migliorare la biodisponibilità orale o la somministrazione polmonare diretta tramite inalazione che potrebbe aumentare il potenziale di efficacia riducendo la potenziale tossicità. Dosi più elevate/esposizione sistemica richiederanno un’ulteriore valutazione della sicurezza, data la tossicità del prodotto per fegato e reni. Nel frattempo, i medici non dovrebbero usare l’ivermectina per il trattamento o la prevenzione di covid-19 nella pratica clinica.”
Per approfondire è disponibile un podcast in cui uno degli autori illustra i risultati della revisione.
Fonte
Popp M et al. Ivermectin for preventing and treating COVID‐19. Cochrane Database of Systematic Reviews 2021, Issue 7. Art. No.: CD015017. DOI: 10.1002/14651858.CD015017.pub2. Accessed 21 September 2021.