Mentre da noi, in Italia, si parla di “oppiofobia” nel trattamento del dolore, negli Stati Uniti si denuncia una “epidemia” di abuso di farmaci oppioidi.
Negli USA si è registrato un progressivo aumento delle prescrizioni oppioidi: circa dieci milioni di persone assumono oppioidi a lungo termine per il dolore cronico e nel 2015 si sono verificati 33mila decessi per overdose da oppioidi.
I Centers for Disease Control and Prevention raccomandano di ridurre i dosaggi quando i rischi superano i benefici e nel 2016 hanno pubblicato delle linee guida per la prescrizione degli oppioidi nel dolore cronico. Le 12 raccomandazioni sono state sintetizzate sul sito dell’ISS EpiCentro:
- una terapia non farmacologica e una terapia farmacologica non oppiacea è da preferire nel trattamento del dolore cronico
- prima di iniziare una terapia per il dolore cronico con oppiacei, i medici dovrebbero stabilire degli obiettivi di trattamento con i pazienti
- prima e durante una terapia con oppiacei, i medici dovrebbero discutere con i pazienti i rischi e i benefici associati alla terapia con tali farmaci
- quando si decide di iniziare una terapia con farmaci oppiacei, i medici dovrebbero prescrivere formulazioni a rilascio immediato
- quando si decide di cominciare una terapia con farmaci oppiacei, i medici dovrebbero prescrivere la dose minima efficace
- quando gli oppiacei sono usati per trattare un dolore acuto, i medici dovrebbero prescrivere la dose minima efficace per la durata prevista della sintomatologia dolorosa (spesso 3 giorni, o meno)
- i medici dovrebbero valutare con i pazienti i benefici e i danni dopo 1-4 settimane dall’inizio della terapia o dall’aumento della dose, in caso di una terapia prolungata ogni tre mesi o più frequentemente
- prima e durante la terapia con oppiacei, i medici dovrebbero valutare per ogni paziente i fattori di rischio per i potenziali danni associati
- i medici dovrebbero esaminare la cronologia delle prescrizioni per determinare se il paziente sta ricevendo un dosaggio o una combinazione di oppiacei ad alto rischio di overdose
- prima dell’inizio della terapia, e almeno una volta all’anno durante la terapia i medici dovrebbero sottoporre il paziente a un test tossicologico delle urine per analizzare i farmaci prescritti, altri farmaci ed eventuale assunzione di droghe
- i medici dovrebbero evitare di prescrivere contemporaneamente analgesici oppiacei e benzodiazepine
- i medici dovrebbero fornire ai pazienti con disturbo da uso di oppiacei un trattamento basato sull’evidenza clinica.
Una revisione sistematica pubblicata sugli Annals of Internal Medicine ha sintetizzato gli studi sull’efficacia delle strategie per ridurre o sospendere la terapia con oppioidi a lungo termine (long-term opioid therapy, LTOT).
Sono stati selezionati 67 studi, 11 studi randomizzati controllati, 8 studi osservazionali con gruppo di controllo e 48 studi osservazionali senza gruppo di controllo, che riportano dati su 12546 pazienti. Gli interventi presi in esame riguardavano terapie farmacologiche (buprenorfina), interventi comportamentali, programmi multidisciplinari per la gestione del dolore, agopuntura.
Gli otto studi di qualità accettabile (fair) individuati hanno riportato, dopo una riduzione delle dosi degli oppiacei, un miglioramento nella severità del dolore, nella funzionalità e nella qualità di vita. Nei 3 studi di buona qualità sugli interventi comportamentali e negli 11 di qualità accettabile su programmi interdisciplinari di gestione del dolore, i pazienti hanno ricevuto un’assistenza basata su strategie non-farmacologiche e di self-management.
Nel complesso, i risultati della review suggeriscono che dolore, funzionalità e qualità di vita possono migliorare durante e dopo la riduzione delle dosi di oppioidi. Quali i motivi? In primo luogo, suggeriscono gli autori, la maggior parte degli interventi, oltre a diminuire le dosi, contemplava una gestione del dolore senza oppiacei; in secondo luogo, la riduzione delle dosi potrebbe alleviare gli effetti avversi della LTOT, come fatica, stipsi, disturbi del sonno e depressione, che possono influire negativamente sulla funzionalità e sulla qualità di vita. In terzo luogo, i miglioramenti possono essere dovuti alla risoluzione dell’iperalgesia indotta da oppioidi, un effetto paradosso per cui i pazienti in terapia con oppioidi sono più sensibili agli stimoli dolorosi. Non si può tuttavia escludere, data la natura osservazionale della maggior parte degli studi, che un certo numero di pazienti sia riuscito a ridurre la dose proprio perché la severità del dolore era diminuita.
“Nell’ambito della terapia a base di oppioidi, la sicurezza dei pazienti e il sollievo dal dolore sono stati considerati in conflitto, in quanto obiettivi che si escludevano a vicenda”. I dati di questa review potrebbero modificare il discorso su questo argomento. Probabilmente in Italia, almeno per ora, non c’è un rischio di eccesso di prescrizioni. Può essere utile tuttavia imparare dall’esperienza americana che suggerisce cautela e sorveglianza.
Fonti
Frank J et al. Patient Outcomes in Dose Reduction or Discontinuation of Long-Term Opioid Therapy: A Systematic Review, Annals of Internal Medicine, 18 July 2017.
Dowell D, Haegerich TM, Chou R. CDC Guideline for Prescribing Opioids for Chronic Pain — United States, 2016. MMWR Recomm Rep 2016;65(No. RR-1):1–49. DOI: http://dx.doi.org/10.15585/mmwr.rr6501e1
EpiCentro, Su Jama le linee guida americane sulla prescrizione dei farmaci oppiacei nella terapia del dolore cronico, 24 marzo 2016.
AIFA, Abuso di farmaci oppioidi: una strategia regolatoria globale per mitigare il fenomeno, 17/06/2016.