Diabete di tipo 2: prevenire è meglio che curare

Il team cinese guidato da Guangwei Li ha da poco presentato i risultati del Da Qing Diabetes Prevention Outcome Study, con un follow-up a 30 anni. Dalla ricerca, pubblicata su The Lancet Diabetes & Endocrinology, è emerso che, modificando lo stile di vita, le persone di mezza età con ridotta tolleranza al glucosio sono in grado ritardare la progressione al diabete di tipo 2, e hanno anche un rischio più basso di complicanze legate alla malattia diabetica raggiunti i 70 anni.

Rispetto ai partecipanti che hanno sviluppato il diabete di tipo 2 entro 6 anni dall’arruolamento, chi non si è ammalato in quel lasso di tempo ha il 30% di probabilità in meno di sviluppare una malattia cardiovascolare (ictus, infarto miocardico o insufficienza cardiaca) e il 58% in meno di sviluppare complicanze microvascolari (neuropatia, nefropatia o grave retinopatia) durante i successivi 24 anni.

Lo studio
Nel 1986 lo studio ha selezionato 33 cliniche a Da Qing, in Cina, e arruolato 576 adulti (età media 46 anni) con ridotta tolleranza al glucosio. I partecipanti sono stati randomizzati a un braccio di controllo (138 soggetti) che ha ricevuto cure mediche standard o a un braccio sperimentale (438 soggetti) che ha ricevuto per 6 anni uno dei tre interventi (dieta, esercizio fisico o entrambi). In particolare, l’intervento dietetico è stato concepito per promuovere la perdita di peso tra le persone in sovrappeso od obese e per ridurre l’assunzione di carboidrati e alcol nelle persone di peso normale, mentre l’intervento sull’attività fisica è stato progettato per aumentarne la quantità nel tempo libero.

Dopo 30 anni di follow-up, i partecipanti erano 540 e 252 (47%) avevano sviluppato il diabete di tipo 2.  I partecipanti assegnati al trattamento sperimentale avevano un ritardo mediano nella comparsa del diabete di tipo 2 pari a 3,6 anni rispetto al gruppo di controllo, un minor numero di eventi avversi cardiovascolari (HR 0,74,  IC 95% 0,59-0,92), una minore incidenza di complicanze microvascolari, una minore mortalità per malattie cardiovascolari e per tutte le cause. Complessivamente, i pazienti del gruppo di intervento sullo stile di vita hanno vissuto 1,5 anni in più e sono stati liberi da complicanze legate al diabete per altri 5 anni.

Tuttavia, le ragioni di questi risultati senza dubbio incoraggianti restano da stabilire.  “È merito dei mutamenti di comportamento e si tratta in effetti di cambiamenti sostenibili?”, si chiede Edward Gregg del CDC di Atlanta, coautore dello studio. “Ci sono stati cambiamenti strutturali nel gruppo oppure si è verificata una sorta di effetto fisiologico a lungo termine?”.

Conclusioni
Lo studio in sostanza conferma che “le complicanze a lungo termine associate alla ridotta tolleranza al glucosio sono molto maggiori nelle persone in cui peggiora rapidamente con il diabete”, ha riassunto Li.

Tuttavia, la buona notizia è che “se tale progressione può essere invertita o ritardata per 6 anni o più, la probabilità di sviluppare a lungo termine gravi complicanze cardiovascolari e malattie microvascolari è molto ridotta”. I risultati “rafforzano ulteriormente la tesi secondo cui più a lungo la progressione verso il diabete può essere ritardata, minori sono le complicazioni”.

L’aggiornamento delle linee guida dell’American Diabetes Association
Gli Standard di assistenza medica dell’American Diabetes Association forniscono le raccomandazioni più aggiornate e complete basate sull’evidenza per la diagnosi e il trattamento di bambini e adulti affetti da diabete di tipo 1, di tipo 2 o gestazionale; le strategie per prevenire o ritardare il diabete di tipo 2 e gli approcci terapeutici che riducono le complicanze e influenzano positivamente i risultati di salute.

Recentemente sono stati rilasciati aggiornamenti importanti agli Standard di cura del 2019, incentrati sul miglioramento della salute cardiovascolare e renale nelle persone con diabete di tipo 2. In particolare, la Sezione 10, Malattie cardiovascolari e gestione del rischio e la Sezione 11, Complicazioni microvascolari e cura del piede, sono state aggiornate sulla base dei risultati dello studio Canagliflozin and Renal Outcomes in Type 2 Diabetes and Nephropathy (CREDENCE), pubblicato ad aprile sul New England Journal of Medicine ( https://doi.org/10.1056/NEJMoa1811744 ). Lo studio CREDENCE ha valutato l’impatto della terapia con canagliflozin sugli esiti cardiorenali in pazienti con malattia renale cronica legata al diabete.

 

Fonti
American Diabetes Association. 10. Cardiovascular Disease and Risk Management: Standards of Medical Care in Diabetes—2019 [web annotation]. Diabetes Care 2019;42(Suppl. 1):S103–S123.
Gong Q et al. Morbidity and mortality after lifestyle intervention for people with impaired glucose tolerance: 30-year results of the Da Qing Diabetes Prevention Outcome Study. Lancet Diabetes Endocrinol 2019;7(6):452-461.
Perkovic V, et al. Canagliflozin and renal outcomes in type 2 diabetes and nephropathy. N Engl J Med 2019;380(24):2295-2306.

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