Un nuovo studio condotto dalla Vanderbilt University (Stati Uniti) sta facendo luce sulla differenza negli esiti per i pazienti diabetici con ridotta funzionalità renale quando ricevono monoterapia con metformina rispetto alla monoterapia con sulfaniluree. Dopo aver esaminato quasi 100.000 pazienti, i ricercatori hanno stabilito che il trattamento con metformina è associato a un minor rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) rispetto alla sulfaniluree.
Pubblicato sul JAMA lo studio americano di coorte ha incluso pazienti con diabete di tipo 2 di nuova insorgenza che hanno ricevuto assistenza all’interno della national Veterans Health Administration (ulteriori dati sono stati raccolti da Medicare, Medicaid e National Death Index) per almeno 2 anni nel periodo 2002-2016.
A 67.749 soggetti era stata prescritta una monoterapia a base di metformina, mentre circa 28.976 hanno iniziato con glipizide, glyburide o glimepiride. All’ingresso tutti i pazienti avevano una ridotta funzionalità renale definita come un livello sierico di creatinina di 1,5 mg/dl per gli uomini o 1,4 mg/dl per le donne o un eGFR inferiore a 60 ml/min/1,73 m2. Durante il periodo di follow-up – durata mediana 1 anno per la metformina e 1,2 anni per la sulfonilurea – i ricercatori hanno identificato 1048 esiti di MACE tra i pazienti con metformina (23,0 per 1000 persone/anno) e 1394 eventi tra gli utenti di sulfanilurea (29,2 per 1000 persone/anno).
Rispetto a chi cominciava con le sulfaniluree, i soggetti con lieve insufficienza renale che partivano con la metformina presentavano un rischio inferiore del 20% per un evento cardiovascolare (HR aggiustato 0,80, IC 95% 0,75-0,86). In sostanza quasi 6 eventi MACE in meno per 1000 persone/anno tra i nuovi utilizzatori di metformina rispetto a quelli che iniziavano con le sulfaniluree.
Da rilevare che i MACE erano rappresentati da ricovero per infarto miocardico acuto, ictus ischemico o emorragico, attacco ischemico transitorio o morte cardiovascolare, ed è quest’ultima componente ad aver contribuito in misura maggiore alla riduzione complessiva del rischio con metformina.
Nonostante i limiti (esclusione dei pazienti che interrompevano il trattamento, switch farmacologico, scarsa generalizzabilità, coorte composta soprattutto da maschi bianchi), “L’attuale studio fornisce informazioni importanti per il clinico”, ha sintetizzato Christianne L. Roumie. “La metformina deve essere continuata dopo aver raggiunto una ridotta funzionalità renale”, ha proseguito, aggiungendo che il suo gruppo sta continuando la ricerca in questo settore, esaminando diversi risultati clinici tra i pazienti con diabete e funzionalità renale compromessa.
Nota. Già nel 2016, la FDA ha rivisto il warning di sicurezza sulla metformina, inizialmente riservato ai pazienti con livelli sierici di creatinina di 1,5 mg/dl o più per gli uomini o 1,4 mg/dl o più per le donne, estendendola invece anche a quelli con malattia renale lieve/moderata.
Fonte
Roumie CLet al. Association of treatment with metformin vs sulfonylurea with major adverse cardiovascular events among patients with diabetes and reduced kidney function. JAMA. Published online September 19, 2019. doi:10.1001/jama.2019.13206