Negli ultimi 20 anni la malattia da HIV è andata progressivamente trasformandosi da una patologia invariabilmente letale a una condizione cronica trattabile, grazie alla disponibilità di terapie antiretrovirali sempre più efficaci. Un uso diffuso di queste terapie ha inoltre la potenzialità di contribuire al controllo della diffusione del contagio.
Recenti Progressi in Medicina pubblica un’ampia rassegna sulla malattia da HIV a cura di un gruppo di clinici e ricercatori coordinati da Enrico Girardi (Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani). Tra gli argomenti trattati: le sfide della cura della patologia in una popolazione di pazienti che invecchia, con dati italiani e internazionali; la persona con HIV come paziente fragile; l’aderenza alla terapia antiretrovirale, criteri guida per la terapia, l’importanza dei “patient reported outcome”, il punto di vista delle persone con HIV sugli esiti delle sperimentazioni cliniche; gli esiti da considerare nella costruzione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale. Di seguito, una sintesi dell’articolo.
HIV, multimorbilità e fragilità
È significativamente diminuita nelle persone con HIV l’incidenza di manifestazioni opportunistiche favorite dalla immunodepressione, mentre sono divenute molto più comuni patologie cronico-degenerative, come patologie cardio- e cerebrovascolari, metaboliche, ossee, renali ed epatiche, legate allo stato di infiammazione cronica e all’invecchiamento della popolazione di queste persone.
L’innalzamento dell’età media delle persone con HIV è un dato di fatto che ha importanti implicazioni nella pratica clinica. La sovrapposizione tra infezione da HIV e invecchiamento ha radicalmente cambiato il quadro clinico di questa malattia a causa dell’emergere di comorbosità, tipicamente condizioni patologiche età-correlate. Le comorbosità di natura non infettiva, quali l’ipertensione, il diabete, le malattie cardiovascolari, renali e ossee, la malattia polmonare ostruttiva cronica e i tumori, sono patologie che tendono ad aggregarsi nello stesso individuo in complessi quadri polipatologici detti di multimorbilità (MM) e mostrano un impatto significativo sul rischio di disabilità e mortalità; pertanto condizionano la gestione terapeutica e clinica dei pazienti con infezione da HIV del terzo millennio. Una delle principali conseguenze della MM è un declino accelerato della funzione fisica, condizione necessaria per lo sviluppo di fragilità. La fragilità è pertanto una condizione clinica prevalente nelle persone con infezione da HIV associata a variabili immunologiche HIV-specifiche. La misurazione della fragilità permette una corretta stratificazione di questa popolazione al fine di individuare i soggetti vulnerabili che necessitano di interventi specifici per prevenire eventi avversi e la comparsa di disabilità.
Nel 2030, si prevede che oltre l’80% delle persone con HIV più anziane avrà almeno una patologia cronico-degenerativa, rispetto al 19% delle persone HIV-negative, e oltre un quarto di esse avrà tre o più patologie. Tra le persone con HIV va incrementandosi la prevalenza di una condizione di fragilità.
Una guida alle scelte terapeutiche
La scelta delle strategie terapeutiche per la malattia da HIV quindi deve oggi essere basata non più soltanto sulla capacità dei farmaci di indurre una completa soppressione della replicazione virale nel breve/medio termine.
Le scelte terapeutiche devono:
- favorire l’aderenza e l’assenza di tossicità sul lungo termine,
- avere la capacità di ripristinare l’omeostasi immunitaria e ridurre quindi l’infiammazione cronica e il rischio di patologie correlate,
- avere un impatto positivo nel tempo sulle condizioni complessive di vita della persona con HIV, misurato anche con indicatori quali i patient related oucome (qualsiasi indicazione di esito clinico riportata direttamente dal paziente senza l’interpretazione del dato da parte del medico o di qualsiasi altra figura professionale).
Conclusioni
“Appare necessario tornare ad ascoltare ciò che la persona con HIV racconta sul suo benessere, attraverso strumenti quali la valutazione (e la validazione) dei patient related oucome”, dichiarano gli autori dell’articolo, e concludono: “Si deve ripensare ai problemi di aderenza alla terapia, visti in un’ottica di lungo termine, e valutare le terapie anche per il loro contributo al controllo dell’epidemia. E infine va esaminata attentamente la sostenibilità a lungo termine delle terapie, come una delle componenti di una spesa sanitaria per l’infezione da HIV che vede oggi, e vedrà sempre più nel futuro, un peso rilevante che deriva dalle comorbilità”.
Fonti:
Girardi E. et al. Curare la malattia da HIV: ritorno al paziente? Recenti Prog Med 2016;107(10):525-550
Per approfondire:
Girardi E. Da vittime a esperti. L’impatto dell’attivismo per l’hiv sulla ricerca clinica. Forward 3/2016, Luglio 2016.
Come l’attivismo per l’hiv ha influenzato la ricerca? Intervista a Enrico Girardi, 21/07/2016