I medici dovrebbero consigliare l’omeopatia?

Il BMJ non si tira certo indietro davanti ad argomenti spinosi: in uno dei suoi “Faccia a faccia” ha invitato Peter Fisher (Royal London Hospital for Integrated Medicine) e Edzard Ernst (professore emerito, University of Exeter) a prendere posizione sull’omeopatia. L’articolo ha avuto un’ampia risonanza, a testimonianza di quanto sia vivo l’interesse per l’argomento: a oggi si registrano 87 risposte e un punteggio altissimo, in base alla metrica alternativa (altmetrics), di 451. È stata alta anche la partecipazione al sondaggio “Should doctors recommend homeopathy?”, con più di 5mila risposte.

, sostiene Fisher, perché ampi studi osservazionali hanno concluso che nei pazienti di medici che usano l’omeopatia si hanno esiti migliori, con costi equivalenti e con un uso inferiore di antimicrobici, “gli operatori sanitari con una formazione in omeopatia non si oppongono all’uso di trattamenti convenzionali, vaccinazioni incluse. I medici dovrebbero raccomandare l’uso dell’omeopatia in un approccio integrato”. Per avere una panoramica sugli studi condotti sull’efficacia dell’omeopatia, Fisher invita a consultare la banca dati CORE-HOM (Clinical Outcome REsearch in homeopathy).

No, sostiene Ernst, omeopata pentito, perché la probabilità che sia presente una singola molecola “attiva” in una pillola omeopatica è pari a zero. Gli unici effetti che hanno i rimedi omeopatici, sostiene Ernst, sono assimilabili a quelli di un placebo… ma “perfino un placebo può provocare danni, se sostituisce una terapia efficace”. Meglio sarebbe “rassicurare i pazienti, senza cercare di ingannarli con un placebo”. Spesso gli studi che dimostrano l’efficacia dell’omeopatia utilizzano disegni di studio senza gruppo di controllo che invariabilmente mostrano esiti positivi a differenza di studi controllati, nei quali i risultati tendono a essere molto simili a quelli ottenuti con il placebo. Una recente e ampia revisione della letteratura condotta dall’Australian National Health and Medical Research Council conclude che “l’omeopatia non dovrebbe essere usata per trattare condizioni croniche, serie o che potrebbero diventare tali”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Silvio Garattini, che sulle pagine di MicroMega scrive: “Non esistono studi scientifici condotti correttamente sulla base dei quali si possa affermare che l’omeopatia abbia un’efficacia superiore al placebo”.

Nell’editoriale di presentazione del fascicolo la direttrice del BMJ, Fiona Godlee, si dichiara “unconvinced” sull’omeopatia, ma se è vero che gran parte dell’efficacia dei rimedi omeopatici è da ricondurre all’effetto placebo, e al tipo di rapporto che si instaura con il paziente, non c’è nulla di male se si farà in modo che “la compassione e l’empatia diventino una parte essenziale del pacchetto terapeutico”.

In relazione ai rimedi omeopatici è stato più volte chiamato in causa l’effetto placebo: segnaliamo qui un articolo recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine di un esperto in materia, Ted Kaptchuk (Harvard University). Pur riconoscendo che gli effetti placebo sono modesti se confrontati con i risultati che si ottengono con interventi chirurgici salvavita e con trattamenti farmacologici mirati, tali effetti, sostiene, “are at the core of what makes medicine a healing profession”.

Fonti:
Ernst E, Fisher P. Should doctors recommend homeopathy? BMJ 2015;351:h3735.
Godlee F. A dose of humility. BMJ 2015;351:h3857.
Kaptchuk TJ, Miller FG. Placebo effects in medicine. N Engl J Med 2015; 373:8-9.

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