Dopo una breve introduzione di Laura Amato (DEP Lazio), Marina Davoli (DEP Lazio) ribadisce alcuni concetti fondamentali che emergono dal libro Conflitti di interesse e salute: il conflitto di interesse non è un comportamento ma una condizione ed è inevitabile; tutti siamo potenzialmente in conflitto di interesse; esistono sempre interessi primari, la salute del cittadino per esempio, ed interessi secondari che sono legittimi, il punto è stabilire che peso hanno gli uni rispetto agli altri; non esiste un confine netto fra l’integrità e l’illegalità e non è una gestione amministrativo-burocratica del conflitto di interesse che risolverà il problema; la trasparenza da sola non basta, bisogna prevenire i danni, essere consapevoli dei rischi e degli effetti del conflitto di interessi.
Marina Davoli sottolinea infine il deficit del sistema pubblico nel finanziare gli studi comparativi, perché la produzione delle conoscenze viene spesso lasciata a chi ha un interesse primario probabilmente diverso da chi deve poi utilizzare i risultati.
Quando arriva il suo turno, Giuseppe Traversa (Istituto Superiore di Sanità), spiega che non tutti gli interessi in conflitto rappresentano un conflitto di interesse ed è quindi indispensabile definire bene di cosa si tratta. Il conflitto di interesse si verifica in presenza di distorsioni, senza le quali non ci sarebbe bisogno di occuparsene. Nei disegni degli studi, nel modo in cui sono riportati i risultati, nelle linee guida, nei corsi di formazione, nelle modalità di voto dei comitati può esserci conflitto di interesse, ma la sola presenza non implica che si verifichi automaticamente una distorsione. In generale, ogni volta che c’è una preferenza per uno dei risultati come interesse secondario, allora c’è conflitto di interessi, nel pubblico come nel privato.
Traversa sottolinea anche che bisogna fare ogni sforzo per non confondere il conflitto di interesse, che è una condizione, con la disonestà, che attiene invece alla sfera etica. Poi è fondamentale tener conto delle differenze nel tipo conflitto di interesse: non tutti i conflitti di interesse sono uguali, conta l’entità, conta il ruolo che la persona ricopre. Le istituzioni hanno ruoli e portate diversi.
Tra le misure di prevenzione, secondo Traversa, la trasparenza è fondamentale. Si possono mettere in campo misure molto semplici in grado azzererebbero alcuni rischi, ad esempio i comitati scientifici indipendenti.
Laura Amato solleva il problema del conflitto di interessi ideologico che si insinua molto di più del conflitto di interessi economico e può provocare notevoli danni (per esempio, nel caso delle terapie del dolore, dove l’aspetto ideologico è tutt’altro che indifferente).
Goffredo Freddi (direttore dell’area Policy e Communication di MSD Italia) è convinto che la posizione potenziale di conflitto di interessi sia ineludibilmente presente. Molti conflitti di interesse possono nascere dai divari informativi tra vari soggetti presenti in ambito sanitario. Ma nel tempo le cose sono un po’ cambiate secondo Freddi: l’empowerment del paziente, le fonti informative alternative del medico e la crisi degli organi di informazione tradizionale rispetto ad esempio al ruolo crescente degli influencer.
In un contesto del genere trasparenza e corretta regolamentazione sono fondamentali. Dal suo punto di vista i codici deontologici dell’industria sono sempre più rigidi e, tutto sommato, il gap tra i bisogni reali dei pazienti e ciò che l’industria persegue si sta un po’ riducendo. In conclusione del suo intervento, Freddi evidenzia l’importanza di focalizzare il problema dei conflitti interesse anche su mezzi non troppo considerati come i social media.
Prende la parola anche Angelo Tanese (direttore Generale ASL Roma 1) sostenendo che è l’approccio che fa la differenza perché c’è una certa tendenza a esasperare come obiettivo il controllo e la ricerca dell’assenza di conflitto, mentre l’obiettivo dovrebbe essere quello di costruire un sistema più orientato al risultato primario dell’attività di cui si parla.
Il secondo aspetto che tocca Tanese è il dualismo tra una visione statica e una più dinamica del problema. La sua tesi è che bisogna andare verso una società più dinamica in grado di tutelare maggiormente chi si prende rischi. Mentre un mondo statico è un mondo in cui il conflitto di interesse tende a strutturarsi. Negare la convergenza di interessi e utilizzare soltanto una logica burocratica e di paura non è un approccio che può funzionare.
La sanità privata e il conflitto di interessi viene affrontato da Emilio Romanini (ortopedico), sollecitato sul tema da Laura Amato. La sua idea è che nel privato la corruzione arrivi meno perché ci sono meno margini su cui esercitarla e che il conflitto di interessi sia tutto un problema di integrità e onestà.
Traversa ribatte che il conflitto di interesse riguarda (soprattutto) le persone oneste, perché tutti reagiscono in modo diverso se hanno un interesse, tutti sono potenzialmente influenzabili. La chiave è disegnare sistemi per ridurre gli effetti negativi.
Anche Marina Davoli non condivide la riduzione del tema a un problema di onestà. Qualsiasi situazione può produrre un conflitto di interesse. Le regole sono la chiave e col privato non si può evitare di collaborare ma l’unica via è creare rapporti virtuosi di collaborazione. Il progetto Forward, citato nelle ultime battute dell’incontro anche da Freddi, viene proposto come esempio positivo.
Conclude Luca De Fiore, coautore del libro, che ne spiega la genesi, risultato anche di un anno e mezzo di lavoro con gli altri autori all’Ospedale Careggi di Firenze. In quel contesto un problema era sottolineare la differenza tra corruzione e conflitti di interesse; inoltre, far prendere consapevolezza agli operatori di come siano di gran lunga prevalenti i comportamenti virtuosi rispetto a quelli trasgressivi.
Sul finire del suo intervento De Fiore osserva come sia riduttivo il solo raccomandare di conformarsi alle regole perché in questo modo si perde un’occasione per suggerire una riflessione che implichi il coinvolgimento dei professionisti e una maggiore percezione dell’importanza del problema. D’altro canto, richiamarsi a valori etici è sempre più difficile, perché i riferimenti etici e morali sono sempre più soggettivi e ritagliati sulle esperienze e le sensibilità personali.