L’atlante delle disuguaglianze

Le disuguaglianze socioeconomiche sono in questa fase storica al centro delle agende politiche dei governi di molti Paesi, distribuiti ovunque nel mondo, anche in relazione agli effetti sulla salute. Le persone più svantaggiate hanno maggiori probabilità di morte prematura e, più in generale, di condizioni di salute peggiori. Da qualche anno, l’Europa ha messo tra le sue priorità la riduzione delle disuguaglianze di salute, in particolare dopo l’approvazione da parte della Commissione europea della comunicazione “La solidarietà nella salute e la riduzione delle disuguaglianze di salute in Europa”. È un fatto che differenze geografiche profonde dividono i Paesi dell’Europa centrale e orientale dal resto d’Europa, con dati più sfavorevoli nella maggior parte degli indicatori di salute.

Anche l’Italia è attiva sul fronte della ricerca scientifica e delle politiche. Il recente volume “L’Italia per l’equità nella salute”, ha offerto un quadro sulle disuguaglianze di salute in Italia, a partire dalle evidenze scientifiche attualmente disponibili sui determinanti di salute e ha fornito una ricognizione delle principali azioni intraprese per contrastare tali disuguaglianze, avanzando proposte di intervento multisettoriali, anche a partire da esperienze di best practice realizzate a beneficio dei gruppi più vulnerabili in ambiti locali, ma potenzialmente replicabili su scala più ampia.

In questo contesto fa notizia la pubblicazione “Atlante italiano delle disuguaglianze di mortalità per livello di istruzione”, allegato al n. 1/2019 della rivista Epidemiologia & Prevenzione. Il volume – curato da Alessio Petrelli (INMP) e Luisa Frova (Istat) e presentato a Roma lo scorso 27 febbraio – può vantare la Presentazione di Michael Marmot, il maggiore esperto mondiale di disuguaglianze nella salute, ed è una vera miniera di informazioni sull’argomento disuguaglianze e salute.

L’obiettivo degli autori è quello di valutare le differenze geografiche e socioeconomiche nella mortalità e nella speranza di vita, con un livello di dettaglio mai raggiunto prima in Italia, ricorrendo anche a cartografie e indicatori.

Il volume si può consultare e scaricare gratuitamente dal sito dell’INMP (https://www.inmp.it/pubblicazioni/Atlante_mortalit%C3%A0.pdf), dell’Istat (https://www.istat.it/it/archivio/228071) o da quello di E&P (http://www.epiprev.it/pubblicazione/epidemiol-prev-2019-43-1-suppl-1)

Cosa contiene
La popolazione presa in considerazione è quella della base dati Istat del Censimento 2011 ed è stata seguita nel tempo (2012-2014) per lo stato in vita, registrando l’eventuale uscita per morte o per trasferimento all’estero.  I risultati sono stati rappresentati attraverso:

– Mappe provinciali: mostrano per ciascuna causa la distribuzione per quintili dei rapporti standardizzati di mortalità (standardised mortality ratio, SMR) “lisciati” (smoothed), aggiustati per età e livello di istruzione e stimati con modelli bayesiani per piccole aree (spatial conditional autoregressive model). Per ogni provincia è quindi disponibile una descrizione dettagliata del divario dalla media nazionale per 35 raggruppamenti di  cause di morte, al netto delle differenze misurate per livello di istruzione.
– Mappe regionali: mostrano la frazione di mortalità attribuibile (population attributable fraction, PAF) ad un livello di istruzione medio e basso, calcolati a partire dai rapporti tra tassi di mortalità standardizzati per età (mortality rate ratios). Per ogni Regione e per ogni raggruppamento di cause di morte, è quindi possibile valutare la quota di mortalità attribuibile ad un livello di istruzione medio o basso, quindi potenzialmente evitabile.
– Tabelle contenenti, per ciascuna regione, tassi di mortalità, anni di vita persi standardizzati per età (standardized YLL rate) e rapporti tra tassi di mortalità standardizzati per età (MRR).

Grafici che rappresentano la speranza di vita alla nascita per regione e livello di istruzione.

La lettura dei risultati
Dai dati emerge come le persone meno istruite di sesso maschile abbiano ovunque una speranza di vita alla nascita inferiore di 3 anni rispetto a quelle più istruite; nelle regioni del Mezzogiorno, indipendentemente dal livello di istruzione, i residenti perdono un ulteriore anno di speranza di vita.

Le disuguaglianze sociali nella mortalità sono diffuse in tutte le regioni, ma anche all’interno delle regioni. Le differenze geografiche, al netto delle differenti strutture della popolazione per età e titolo di studio, producono differenziali di mortalità per tutte le cause da -15% a +30% nelle donne e da -13% a +26% negli uomini, rispetto alla media nazionale.

Differenziali e gradienti
I differenziali geografici maggiori sono quelli relativi alle malattie cardiovascolari, respiratorie e agli accidenti, sono minori invece per molti tipi di tumore. La mortalità ha un inequivocabile eccesso al Sud per le malattie cardiovascolari, indipendentemente dal livello di istruzione: in particolare, in Campania e Sicilia la mortalità tra i più istruiti è superiore a quella dei meno istruiti residenti di molte aree del Nord.

Viceversa il gradiente è crescente da Sud a Nord per la causa «Tutti i tumori» e per la maggior parte delle singole sedi tumorali.

In generale, in Italia, la mortalità per tutte le cause attribuibili al basso livello d’istruzione, al netto della struttura della popolazione per età, è del 13,4% nelle donne e del 18,3% negli uomini.

A cosa può servire
L’Atlante evidenzia che un livello di istruzione inferiore spiega una quota rilevante dei rischi di mortalità, anche se con effetti differenti per area geografica e causa di morte. Consente anche di evidenziare pattern geografici mai osservati in precedenza, come la novità dell’inedito vantaggio di salute per le regioni adriatiche.

In Italia, quindi, le disuguaglianze di mortalità sono ancora esistenti ed esistono margini per recuperare equità nella salute. L’Atlante fornisce spunti importanti per l’aggiustamento delle politiche sanitarie, soprattutto nel senso di una ridefinizione delle priorità e dei target di salute. Infatti, i decisori e i programmatori dispongono di una descrizione dettagliata della mortalità sul proprio territorio, su base regionale e provinciale, e possono confrontarla sia con la media nazionale, sia con le altre regioni.

Va rilevato, tuttavia, che molte delle ipotesi suggerite dalla lettura dei risultati dell’atlante necessitano di essere meglio analizzate e valutate; a tal fine è quindi fondamentale favorire la ricerca e la valutazione dei fattori di rischio e della qualità dell’assistenza sugli esiti di salute, anche facilitando la disponibilità dei flussi informativi sanitari e l’integrazione delle basi dati.

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