Le biblioteche sono uno strumento del governo clinico. Sembra la scoperta dell’acqua calda ma, in una stagione di tagli spesso indiscriminati alla sanità, finisce col rivelarsi un promemoria prezioso. Se ne è discusso al seminario “La letteratura scientifica per la qualità dei servizi sanitari” organizzato dalla Regione Piemonte, dalla ASL Torino 3 e dal Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute (DORS), workshop svolto a Torino il 28 febbraio 2014.
La documentazione scientifica è essenziale per la pratica clinica, ha ricordato in apertura Marco Bobbio, coordinatore scientifico della Biblioteca virtuale per la salute della Regione Piemonte, ma deve sempre essere valutata criticamente e passata al filtro dell’esperienza dell’operatore sanitario. Bobbio ha ricostruito il percorso degli ultimi 40 anni della medicina indicando un primo momento di svolta nella pubblicazione sugli Annals of Internal Medicine della serie How to keep up with the medical literature, curata dal gruppo di clinici, ricercatori e documentalisti della McMaster University in Canada (http://annals.org/article.aspx?articleid=700619). Gli stessi ai quali si deve un altro strumento fondamentale come il manuale Clinical epidemiology, che ha completamente rivoluzionato l’approccio alla disciplina, permettendo l’incontro tra la prospettiva di popolazione e quella più vicina all’assistenza al paziente (http://www.amazon.com/gp/aw/d/0781745241). La riflessione di Bobbio è stata testimonianza di un percorso di personale riconsiderazione di alcune delle certezze che hanno caratterizzato gli anni a cavallo del passaggio di millennio. È il caso delle linee-guida: sono troppe, di scarsa utilità pratica (“composte in corpo 8 sulle tre illegibili colonne delle riviste scientifiche”), condizionate da interessi spesso palesemente in conflitto con quelli del paziente e del servizio sanitario.
Linee-guida onnipresenti anche su web. Lo ha spiegato Eugenio Santoro, dell’Istituto Mario Negri, in una panoramica che ha mostrato quanto tutti gli attori della sanità stiano impegnandosi per sfruttare le potenzialità di internet: dalle riviste internazionali che segnalano quotidianamente i propri articoli sulle loro pagine Facebook alle istituzioni sanitarie che usano i social network per informare i pazienti, le associazioni e gli altri stakeholder delle loro attività. Dai clinici, ricercatori, esperti di politica sanitaria che attraverso i propri blog o più “immediatamente” con Twitter propongono il proprio parere ad una platea forse selezionata ma di estrema importanza per la disseminazione di opinioni e punti di vista.
Social media come Facebook, Twitter, YouTube o Pinterest da una parte sembrano contribuire all’eccesso di offerta informativa, dall’altra su rivelano un filtro importante: anche nell’ambito della letteratura professionale, contribuiscono a determinare la sorte di un contributo scientifico ignorandolo o moltiplicandone i lettori attraverso la cascata di segnalazioni. Per questa loro funzione possono essere preziosi per una valutazione condivisa di una letteratura scientifica la cui qualità è sempre più discussa: ne è convinto Luca De Fiore, direttore del Pensiero Scientifico Editore e presidente della Associazione Alessandro Liberati – Network Italiano Cochrane. Quasi due milioni di articoli l’anno pubblicati da circa 28 mila riviste: soprattutto per soddisfare la necessità di pubblicare sentita da una minoranza di ricercatori e di clinici. Grande spreco di risorse economiche a monte (nell’assegnazione dei fondi di ricerca, nell’avvio di sperimentazioni inutili, nella conduzione di studi dal disegno inadeguato o errato, nella non-pubblicazione di gran parte della ricerca) e a valle (nella sottoscrizione di pacchetti di abbonamento “obbligati” da parte delle istituzioni). Troppi dati, poca informazione, ancora meno “saperi” organizzati e utili per cambiare i comportamenti e i percorsi diagnostico-terapeutici. Ci salverà la rete quale spazio partecipato di vigilanza e interpretazione critica?
Forse sì, ma la chiave è nel recupero di una dimensione etica dello studio e dell’apprendimento: l’intervento di Vincenzo Alastra, responsabile per la Formazione e la comunicazione della ASL di Biella, realtà da tempo particolarmente attenta alla valorizzazione di una formazione del personale sanitario che non solo nasca dai bisogni reali che emergono nella pratica quotidiana, ma che si sviluppi proprio all’interno del contesto lavorativo, non mancando di cogliere ogni possibile opportunità utile alla crescita professionale. In quest’ottica, una biblioteca è supporto per la definizione e per il procedere delle comunità di pratica nonché finestra per il confronto con l’esterno, essenziale complemento per la formazione sul campo.
La sessione di apertura del convegno è stata chiusa da Maurella della Seta, del Servizio di documentazione dell’Istituto superiore di sanità, che ha fatto il punto sulla realtà nazionale delle biblioteche scientifiche e sulle buone pratiche internazionali. Dal suo intervento è parso evidente come la prospettiva alla quale tendere sia l’armonizzazione dei progetti, il completamento dei percorsi condivisi (basti pensare alla traduzione del lessico MeSH anche nella nostra lingua), a una sempre più ricca collaborazione tra le diverse istituzioni.
Argomenti in parte raccolti nella seconda metà del workshop che ha dato voce ai rappresentanti di quattro biblioteche online sanitarie: il Sistema bibliotecario biomedico lombardo, la Biblioteca per la rete dell’Istituto toscano tumori, la Biblioteca per la salute del Piemonte e la Biblioteca medica virtuale della Provincia di Bolzano. Quest’ultima esperienza è stata citata come la più rappresentativa per coerenza interna e stabilità di progetto. Come ha spiegato Horand Meier, medico tra i promotori del progetto e oggi in Assessorato, la BMV è lo strumento chiave a supporto della medicina basata sulle evidenze, in un percorso costantemente circolare che, dalla sistematizzazione del quesito clinico secondo il PICO (paziente-intervento-confronto-outcome), procede attraverso la ricerca e la valutazione dei documenti, fino alla riflessione sull’intero percorso svolto: dal suo avvio fino alla verifica delle ragioni che ne hanno condizionato la migliore riuscita o, nel caso di interventi sanitari, l’adozione nella pratica clinica.
L’esperienza di Bolzano è quella di un progetto a tutto tondo che integra l’accesso a riviste e banche dati con l’e-learning e la formazione residenziale, dando l’immediata percezione dell’utilità dell’accesso a dati e informazione. L’integrazione tra ricerca/uso delle fonti e formazione è anche uno dei punti trattati da Elena Coffano e Patrizia Brigoni, coordinatrice e responsabile tecnica della BVS Piemonte. Garantire crediti per il compimento di attività di ricerca documentale per fini professionali clinici o di ricerca è tra gli obiettivi del DORS che comprendono anche, in una prospettiva più ampia, la costruzione di un network efficiente tra i gruppi che lavorano alle diverse biblioteche online della sanità italiana.
Una bella mattina, quella di Torino, piena di idee e di immaginazione. Dalla quale si è usciti ancora più convinti che il grande scrittore Neil Gaiman, nella conferenza alla Reading Agency britannica dello scorso anno, era nel giusto: “Libraries are about freedom. Freedom to read, freedom of ideas, freedom of communication. They are about education (which is not a process that finishes the day we leave school or university), about entertainment, about making safe spaces, and about access to information.”