L’infarto protegge dal Parkinson?

Secondo una nuova ricerca pubblicata sul Journal of American Heart Association le persone che hanno avuto un infarto avrebbero una probabilità leggermente inferiore rispetto alla popolazione generale di sviluppare il morbo di Parkinson nel corso della vita.

“In precedenza abbiamo verificato che a seguito di un attacco di cuore, il rischio di complicanze neurovascolari come ictus ischemico o demenza vascolare è notevolmente aumentato, quindi la scoperta di un rischio inferiore di malattia di Parkinson è stata alquanto sorprendente”, ha spiegato l’autore Jens Sundbøll (ospedale universitario di Aarhus in Danimarca). “Questi risultati indicano che il rischio di malattia di Parkinson almeno non è aumentato dopo un infarto e non dovrebbe rappresentare una preoccupazione per i pazienti o un obiettivo preventivo per i medici al follow-up”.

I ricercatori hanno esaminato i registri sanitari del Servizio sanitario nazionale danese, confrontando il rischio di morbo di Parkinson e parkinsonismo secondario tra circa 182.000 pazienti che hanno avuto un primo attacco cardiaco tra il 1995 e il 2016 (età media 71 anni; 62% maschi) e più di 909.000 controlli abbinati per età, sesso e anno di diagnosi di infarto. I risultati sono stati aggiustati per una varietà di fattori che sono noti per influenzare il rischio di infarto o il morbo di Parkinson.

In un follow-up che ha raggiunto i 21 anni l’analisi ha rilevato che, rispetto al gruppo di controllo, tra le persone che hanno avuto un infarto c’era un rischio inferiore del 20% di malattia di Parkinson e del 28% di parkinsonismo secondario.

L’infarto e il morbo di Parkinson condividono alcuni fattori di rischio: un rischio più elevato tra gli uomini anziani e un rischio inferiore tra le persone che bevono più caffè e sono più attive fisicamente. È interessante notare comunque che alcuni classici fattori di rischio per l’infarto – come il fumo, il colesterolo alto, la pressione alta e il diabete di tipo 2 – sono associati a un minor rischio di malattia di Parkinson.

In generale i pazienti con infarto fumano di più e hanno livelli elevati di colesterolo, entrambi elementi che possono spiegare il rischio leggermente ridotto di contrarre il morbo di Parkinson tra quelli che sopravvivono all’infarto. Infatti, “ci sono pochissime malattie al mondo in cui il fumo riduce il rischio: il morbo di Parkinson è una e la colite ulcerosa è un’altra”, ha osservato Sundbøll.

Una limitazione dello studio è che non c’erano abbastanza informazioni sul fumo e sui livelli di colesterolo alto tra i partecipanti, che potrebbero aver influenzato i risultati. Inoltre la popolazione era in gran parte di razza/etnia bianca, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a persone di diversi gruppi razziali o etnici.

Fonte
Sundbøll J. Risk of parkinson disease and secondary parkinsonism in myocardial infarction survivors. Journal of the American Heart Association 2022; doi: 10.1161/JAHA.121.022768

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