La migrazione e la salute dei migranti sono collegate in modo complesso. La salute di un individuo può influenzare la sua decisione di muoversi e la migrazione potrebbe influire sulla salute di chi si muove, di chi rimane e persino di chi ospita i migranti.
Le prove scientifiche disponibili, contrariamente alla vulgata, suggeriscono che i migranti potrebbero essere più sani rispetto alla popolazione generale delle destinazioni ospitanti. La cosiddetta ipotesi dei migranti sani afferma in sostanza che i migranti sono un gruppo sano che decide e riesce a migrare, ma il vantaggio di salute potrebbe diminuire col tempo.
Si tratta, di fatto, di un paradosso epidemiologico perché i migranti, sani in partenza, di solito affrontano numerosi situazioni svantaggiose durante la migrazione, come le cattive condizioni di vita, la discriminazione, lo stigma, le ingiustizie e lo scarso sostegno sociale e comunitario nella destinazione ospite, che nel tempo possono avere un impatto negativo sulla loro salute. Inoltre, secondo il cosiddetto “bias del salmone”, i migranti in genere ritornano alle loro destinazioni di origine quando sono in cattive condizioni di salute o prima della morte. In particolare questo fenomeno è stato dimostrato in studi sui migranti interni indonesiani e cinesi.
La mortalità tra i migranti
Robert Aldridge e i suoi collaboratori hanno pubblicato sul Lancet una revisione sistematica e una metanalisi per indagare sulla mortalità nei migranti internazionali. Gli autori hanno confrontato la mortalità dei migranti internazionali con quella delle popolazioni ospitanti esaminando le differenze per sesso, sottogruppo di migranti e regione geografica di origine. Aldridge e colleghi hanno anche esplorato la rappresentatività dell’attuale base di prove riguardo al rischio di mortalità nei migranti, studiando l’associazione tra il rischio di mortalità causa-specifico e il numero di studi condotti in base all’ICD- 10.
L’analisi di 5464 stime del tasso standardizzato di mortalità (SMR) su oltre di 15,2 milioni di migranti internazionali ha mostrato che i migranti hanno un vantaggio di mortalità rispetto alle popolazioni ospitanti (SMR 0,7 [95% IC 0,65-0,76]; I2 = 99,8%). Per tutte le cause di morte l’SMR era più basso sia nei migranti (0,72 [0,63-0,81]; I2 = 99,8%) sia nelle migranti (0,75 [0,67-0,84]; I2 = 99,8%) rispetto alla popolazione generale. Questo vantaggio persisteva nella maggior parte delle categorie di malattie ICD-10, ad eccezione delle malattie infettive e delle cause esterne (aggressioni e omicidi, per esempio).
Questi risultati sono coerenti sia con l’ipotesi dei migranti sani e sia con il bias del salmone. Il paradosso epidemiologico per cui vivere in condizioni di povertà aumenta il rischio di malattie infettive e di morte per cause esterne potrebbe alla fine spiegare il malinteso secondo cui i migranti sono portatori di malattie e rappresentano un peso per il sistema sanitario.
E i bambini che restano indietro?
I lavoratori migranti e le famiglie che lasciano dietro di sé sono circa 193 milioni, di cui 52-100 milioni rappresentati da lavoratori domestici in contesti di lavoro precario, i cosiddetti “lavori difficili, degradanti e pericolosi”. L’83% di questi lavoratori è composto da donne, la maggior parte delle quali ha un limitato (a volte nessuno) accesso alla protezione legale, sociale o sanitaria. Queste donne devono spesso lasciare indietro i propri figli e, in famiglie in cui entrambi i genitori sono lavoratori migranti, i bambini sono in genere seguiti da nonni, parenti o fratelli maggiori.
Sono disponibili poche prove sull’impatto che la migrazione dei genitori ha sui bambini che rimangono a casa. Anche se i genitori che lasciano i bambini affidati alle loro famiglie estese mentre cercano un impiego rappresentano un caso abbastanza comune nei paesi a basso e a medio reddito, pochi studi hanno studiato l’impatto che il fenomeno ha sulla salute dei bambini.
Sempre nello stesso numero del Lancet, dedicato al tema delle migrazioni, è stata pubblicata una revisione sistematica degli studi sul tema che includono sia la migrazione forzata che la migrazione di manodopera. La ricerca ha incluso 111 studi per l’analisi, per un totale di 264.967 bambini (n = 106.167 bambini e adolescenti lasciati indietro, n = 158.800 bambini e adolescenti di genitori non migranti). La maggior parte degli studi è stata condotta in Cina (91 ricerche) e riguarda gli esiti di salute dei bambini residenti nella Cina rurale che sono stati lasciati a casa quando uno o entrambi i genitori si sono trasferiti in aree urbane per lavoro. Nonostante i probabili benefici economici derivanti dalle rimesse inviate a casa, la migrazione ha avuto pochi vantaggi per i bambini da punto di vista della salute. Rispetto ai bambini di genitori non migranti, i bambini figli di migranti hanno un rischio aumentato di problemi di salute mentale, inclusi depressione (RR 1,52 [95% IC 1,27-1,82), sintomi depressivi (SMD 0,16 [0,10-0,21]), ansia (RR 1,85 [1,36-2,53]; SMD 0,18 [0,11-0,26]) e ideazione suicidaria (RR 1,70 [1,28-2,26]).
I risultati mettono soprattutto in evidenza le sfide affrontate dai bambini che restano a casa nel contesto cinese. Molti bambini sono lasciati indietro dai genitori che migrano a causa del sistema cinese di registrazione delle famiglie (noto come “hukou”). I bambini che migrano con i loro genitori hanno meno probabilità di essere ammessi nelle scuole pubbliche locali delle città di destinazione, hanno uno scarso accesso all’assistenza sanitaria e a quella sociale e, più in generale, una rete di supporto inadeguata sia ai genitori migranti che ai figli che migrano con loro.
Una risposta globale a un problema globale
Anche se lo studio descrive la migrazione dei genitori in Cina, i risultati sulla salute dei bambini lasciati indietro rappresentano una questione di portata globale che ha bisogno di una risposta globale.
Nonostante il tema della migrazione sia al centro dell’agenda politica di moltissimi paesi e delle principali associazioni internazionali, le conseguenze sulla salute dei migranti e le implicazioni sui bambini lasciati a casa non hanno ricevuto finora le attenzioni che meritano e l’attuale base di evidenze rimane debole.
L’impatto sulla salute delle famiglie abbandonate è particolarmente rilevante per la maggior parte delle nazioni da cui parte la migrazione, per lo più paesi a basso e medio reddito che non dispongono di risorse adeguate per rispondere agli esiti di salute pubblica legati all’aumento della migrazione.
Il cambiamento dei dati demografici e dei profili epidemiologici della malattia nei paesi che inviano manodopera possono aggravare i cambiamenti provocati in loco dall’incremento della migrazione internazionale. Inoltre, la migrazione internazionale del lavoro, rimesse e benefici vari a parte, come abbiamo visto può a volte determinare un’influenza negativa sulla salute, la coesione familiare e sociale e aumentare di conseguenza il carico sui sistemi sanitari.
Fonti
Aldridge RW et al. Global patterns of mortality in international migrants: a systematic review and meta-analysis. Lancet 2018;392(10164):2553-66.
Fellmeth G et al. Health impacts of parental migration on left-behind children and adolescents: a systematic review and meta-analysis. Lancet 2018;392(10164):2567-82.