Nuovi farmaci antitumorali: costi alti, vantaggi spesso incerti

Come evidenzia uno studio del BMJ, la maggior parte dei nuovi farmaci antitumorali non fornirebbe benefici clinicamente significativi rispetto ai farmaci già in uso. Ma i costi sono molto più alti.

Quando, nel ciclo vitale di un farmaco antitumorale, bisogna dimostrare un miglioramento nella sopravvivenza o nella qualità della vita? Secondo alcuni, tali benefici dovrebbero essere evidenti prima dell’immissione in commercio. Secondo un approccio più flessibile, per alcune indicazioni, inclusi tumori allo stadio terminale con poche opzioni di trattamento, un farmaco può ricevere un’approvazione provvisoria sulla base di esiti surrogati (come riduzione della massa tumorale o sopravvivenza libera da progressione), lasciando la valutazione della sopravvivenza globale o della qualità di vita dopo l’autorizzazione. “Anche se non c’è un consenso, l’unica opzione che sembra assolutamente ingiustificabile è ‘mai’. E tuttavia è ciò che accade spesso, secondo due studi recenti”, scrive l’editorialista del BMJ Vinay Prasad presentando due ricerche, una condotta sui farmaci approvati in USA dalla Food and Drug Administration (2015) e l’altra, pubblicata in questi giorni sul BMJ, sui farmaci antitumorali autorizzati dall’European Medicines Agency (EMA).

I risultati della ricerca sui nuovi farmaci antitumorali approvati dall’EMA
Sono stati esaminati i 48 farmaci antitumorali approvati tra il 2009 e il 2013 per 68 indicazioni. Al momento dell’immissione in commercio per il 57% delle indicazioni (39/68) non c’erano evidenze a sostegno di una sopravvivenza o qualità della vita migliori. Dopo 5.9 anni sul mercato, solo 6 di queste 39 (15%) hanno dimostrato di migliorare la sopravvivenza o la qualità di vita.

Nel complesso, delle 68 indicazioni approvate dall’EMA, in tutto 35 (51%) erano associate o a un miglioramento significativo della sopravvivenza (26/35) o della qualità di vita (9/35) rispetto a preesistenti opzioni di trattamento, placebo o come trattamenti aggiuntivi.

Due dei 26 farmaci che hanno dimostrato benefici sulla sopravvivenza, hanno mostrato benefici anche sulla qualità di vita e 33 (49%) non hanno mostrato nessun miglioramento su questi esiti. Dei 23 farmaci con un beneficio sulla sopravvivenza, 11 (48%) mostravano un beneficio clinicamente significativo.

Questo significa che la maggior parte dei farmaci antitumorali autorizzati dell’EMA nel periodo 2009-13 è arrivata sul mercato senza chiare evidenze sul miglioramento della qualità o della quantità di vita dei pazienti. E quando c’erano vantaggi di sopravvivenza rispetto alle alternative disponibili, questi non sempre erano clinicamente significativi.

Va qui ricordato che gli studi di solito sono condotti su pazienti più giovani e con meno comorbidità rispetto a quelli presenti nella pratica clinica, dove un piccolo vantaggio registrato negli studi spesso svanisce.

Purtroppo, sottolinea Prasad, al momento dell’approvazione dei farmaci di solito non si richiedono ulteriori studi per confermarne l’efficacia e la sicurezza, e “questo significa che gli esiti surrogati, spesso non validati, possono essere tutto quello che avremo”.

La ricerca fornisce informazioni e esempi anche sui singoli farmaci, con una scheda su quelli associati a benefici sulla qualità della vita al momento dell’approvazione e nel periodo postmarketing, e una sui farmaci  che hanno mostrato benefici per la sopravvivenza globale dopo il follow-up.

Aspettative irrealistiche
L’approvazione di un farmaco, il suo imprimatur da parte di un’agenzia regolatoria, ha come effetto collaterale il sorgere di aspettative irrealistiche da parte di medici e pazienti sui loro benefici e danni, fa notare Deborah Cohen, associate editor del BMJ. Tali aspettative sono spesso alimentate da associazioni di pazienti.

A peggiorare la situazione c’è anche l’elemento, rilevante, del costo di tali farmaci che, calcola Prasad, si aggira sugli 85mila euro per anno di trattamento.

Cosa fare?
Prasad propone alcune misure correttive
Il percorso che porta all’immissione in mercato per tutti i farmaci antitumorali dovrebbe contemplare il confronto rigoroso contro il migliore trattamento standard in studi randomizzati concepiti per confermare o escludere differenze clinicamente significative negli esiti rilevanti per i pazienti in una popolazione rappresentativa. L’utilizzo di endpoint surrogati dovrebbe essere l’eccezione, non la regola. E in tali casi vanno avviati, completati e conclusi studi postmarketing su risultati clinicamente significativi per i pazienti.

“Il costo e la tossicità dei farmaci antitumorali comporta che abbiamo l’obbligo di esporre i pazienti a tali trattamenti solo quando possono aspettarsi un miglioramento nella sopravvivenza o nella qualità della vita”, conclude Prasad. Perché, come sottolineano gli autori della ricerca, “quando farmaci costosi, privi di benefici clinicamente significativi, sono approvati e pagati da sistemi sanitari finanziati da fondi pubblici, i singoli pazienti possono essere danneggiati, vengono sprecate risorse importanti per la società e può essere infine minata l’erogazione di un’assistenza equa e accessibile”.

Fonti
Davis C, Naci H, Gurpinar E, et al. Availability of evidence on overall survival and quality of life benefits of cancer drugs approved by the European Medicines Agency: retrospective cohort study of drug approvals from 2009-2013. BMJ2017;359:j4530
Prasad V. Do cancer drugs improve survival or quality of life? BMJ 2017;359:j4528
Cohen D. Cancer drugs: high price, uncertain value. BMJ 2017;359:j4543
Kim C, Prasad V. Cancer drugs approved on the basis of a surrogate end point and subsequent overall survival: An analysis of 5 years of US Food and Drug Administration approvals. JAMA Intern Med2015;359:1992-4.

Vedi anche: Perrone F. Sostenibilità e nuovi farmaci antitumorali. Recenti Prog Med 2015;106(1):11-13.

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