Salute e comunicazione: welcome to the jungle

La comunicazione sulla salute e sui farmaci è una faccenda storicamente molto complessa che la pandemia ha reso ancora più intricata. Una giungla piena di trappole, popolata da strani e bizzarri animali, in cui bisogna continuamente adattarsi, la civiltà fatica a penetrare e valgono spesso regole tribali. Fast Forward, uno degli spin-off del progetto Forward, quest’anno ha scelto di immergersi nel dibattito in corso sull’informazione e la comunicazione sulla cura, le terapie e i farmaci, sfidando i rischi del caso.

 

Apre Giulio Notturni (Comunicazione e relazioni esterne, Assessorato alla Sanità, Regione Lazio) che nell’introduzione inquadra la comunicazione in sanità come una lunga serie di sfortunati eventi. “Si parlava poco di sanità prima della pandemia e lo si faceva soprattutto quando ci si trovava ad avere a che fare da utenti”, riflette Notturni. E questo “in un settore sempre in crisi di badget che si doveva occupare di dare assistenza e cura ai malati prima ancora di riuscire pensare a come comunicare in modo efficace con i cittadini e a come costruire una solida credibilità e reputazione da quel punto di vista”. Il tema della giungla torna nella sua vivida descrizione di quello che è accaduto durante la pandemia, la proliferazione incontrollabile di fake news, l’eccessiva esposizione mediatica di virologi ed epidemiologi nei talk show, il passaggio repentino dalla fiducia incondizionata verso medici e infermieri “eroi” alla paura della dittatura sanitaria e al complottismo.

Non siamo stati bravi a spiegare la differenza tra comunicazione scientifica, caratterizzata da dati verificabili, verificati, veri fino a prova contraria e l’opinione del singolo esperto che di fronte a qualcosa di nuovo era inevitabilmente soggetta ad errori”, spiega Notturni. Una serie di errori che ha rischiato di far crollare la fiducia dei cittadini. D’altra parte però “La pandemia ha dimostrato a tutto il mondo scientifico e sanitario come la comunicazione sia una leva di governance e un asset strategico e importante a tal punto da poter determinare il successo o il fallimento all’interno di una crisi sanitaria”.

La pandemia è stata anche un booster importante di innovazioni e processi importanti nella comunicazione che hanno portato, digitalizzazione, telemedicina, teleassistenza. Le istituzioni sono state costrette a comunicare in maniera rapida, coerente, trasparente e soprattutto disintermediata, con i social al centro. Un caso scuola in questo senso è quello di Salute Lazio, il brand istituzionale che si occupa di comunicare la sanità nel Lazio, che nel giro di due anni è diventato il secondo canale sanitario per capacità di engagement su facebook.

 

A Davide Bennato (docente di Sociologia dei Media digitali, Università di Catania) spetta il compito di addentrarsi nel fitto della giungla, comunicare la salute utilizzando gli spazi social. E parte da una constatazione desolante, “Perché gli stakeholder della sanità sui social parlano una lingua e il pubblico un’altra e non si capiscono?”.

“La pandemia è stata il più grosso esperimento sociale di utilizzo della comunicazione dalla propaganda della seconda guerra mondiale”, spiega senza giri di parole. Chi sapeva usare la rete come strategia di comunicazione l’ha usata perfettamente, chi non lo sapeva fare ha mostrato tutti i propri limiti.

E Bennato procede disboscando un po’ di luoghi comuni e mostrando a anche a un pubblico generazionalmente distante le potenzialità dei nuovi social. “A che genere comunicativo corrispondono la salute e la malattia?” riflette.  I meccanismi narrativi sono diversi tra salute e malattia, con strategie di comunicazione totalmente diverse. E poi Bennato tocca un po’ tutti gli aspetti dei format della salute online, da tik tok alla narrazione visiva, al data storytelling, ai meme… insomma, la morale è che sui social la comunicazione non si improvvisa, pena perdersi nella giungla senza speranza di venirne fuori.

 

Roberta Villa (giornalista scientifica) si sofferma e demistifica una serie di luoghi comuni sulla comunicazione, in particolare evidenzia l’atteggiamento paternalistico e polarizzante di certa comunicazione istituzionale e scientifica emerso in particolare in era covid-19. La tendenza a ricreare tribù, le echo chambers, il bias di conferma, il rischio delle fake news. Il mantra del suo discorso è proprio ridurre la polarizzazione cercando di capire chi è il destinatario della comunicazione. In estrema sintesi, la legge della giungla in certi casi si rivela controproducente e il caso dell’esitazione vaccinale lo dimostra: “Non basta conoscere informazioni per decidere, le decisioni derivano anche da bias, emozioni, valori, esperienze passate”.

E la Villa invita a creare empowerment nella comunicazione verso i cittadini più che a convincere. Fornire gli strumenti per prendere decisioni e non solo i dati puri e semplici, creando un rapporto di fiducia attraverso la trasparenza e il rispetto.  “È impossibile avere una comunicazione efficace con chi non si rispetta”, conclude citando anche il riuscito progetto Dottore, ma è vero che…?) della FNOMCeO.

 

Con Antonio Addis (Dipartimento di epidemiologia del Ssr del Lazio Asl Roma 1) il focus si sposta su cosa potrebbe esserci fuori dalla giungla attuale della comunicazione e su come arrivarci.

“È venuto il momento di ripensare l’informazione e la comunicazione sulla cura, sulle terapie, sui medicinali?”, è la domanda di partenza.

Apparentemente quasi nulla ormai è come prima. Nella comunicazione sulla salute contesto e strumenti a disposizione sono cambiati, e con loro i bisogni dei cittadini e dei pazienti e le figure professionali che ruotano intorno al mondo dell’informazione medico-scientifica.

“C’è bisogno di un nuovo metodo di confronto, di ascolto, di interrogazione critica della realtà”, sostiene Addis. La sottile divisione tra pubblicità e informazione non regge più, il metodo di controllo non regge più, in un contesto in cui la quantità di informazione è impossibile da gestire a livello individuale anche per la complessità de dati a disposizione.

Infine Addis si sofferma sul rapporto tra professionisti sanitari e industria. “Quali sono le nuove procedure che possono da una parte garantire il rispetto di un’etica della comunicazione condivisa e dall’altro coinvolgere tutti gli attori del settore? È ancora possibile parlare oggi di informazione completa e quando un’informazione può essere giudicata tale?”, si interroga.

Occorre sperimentare e studiare nuove forme di coinvolgimento del paziente e serve una nuova cultura della comunicazione sul farmaco. Le politiche che hanno provato a ridimensionare l’influenza delle imprese su assistenza e ricerca basandosi solo su divieti e sanzioni hanno mostrato limiti non trascurabili che ne compromettono l’utilità.

La trasparenza dei legittimi interessi delle imprese private e degli enti regolatori potrebbe superare il concetto di unrestricted grant. La trasparenza dovrebbe essere l’obiettivo condiviso di tutti gli attori del sistema.I nuovi media insomma pongono nuove sfide ed opportunità che spingono verso  un ammodernamento delle regole di riferimento.

 

Nell’aneddoto di Akira Miyawaki botanico giapponese e grande esperto di ripopolamento boschivo delle città, e il suo metodo per far ricrescere le piante spontaneamente preparando accuratamente il terreno, Luca De Fiore (direttore generale de Il Pensiero Scientifico Editore) trova il modo di fare la sintesi della giornata riportando un po’ la giungla della comunicazione in un ecosistema in cui possa crescere più rigogliosa senza però sovraccaricarsi di regole inutili.

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