Serve la vera prevenzione

Non passa settimana senza essere avvertiti di qualche evento cittadino di invito alla popolazione a sottoporsi a controlli: c’è il giorno del prelievo in farmacia e quello del torpedone nella piazza dove effettuare uno screening, la notte in cui il palazzo si illumina di rosa e quello in cui, di prima mattina, qualcuno al semaforo ti dona un fiocco da appendere all’occhiello. La salute della donna, dell’uomo, del bambino, adolescente o anziano sembra essere in cima ai pensieri di amministratori, studi medici, centri diagnostici e, va da sé, industrie farmaceutiche o biomedicali.

Nel fine settimana dell’8 e del 9 ottobre si è svolta a Roma, al Foro italico, la sesta edizione di Tennis&Friends: solo il marchio – una pallina “accerchiata” da uno stetoscopio – lasciava presagire l’obiettivo principale dell’evento. Si trattava, infatti, di una manifestazione durante la quale alcuni “celebri testimonials” sensibilizzavano l’opinione pubblica sulle malattie della tiroide, segnatamente su quelle oncologiche. Sul sito della manifestazione, una pagina (purtroppo non firmata) comunica ancora oggi dati allarmanti sulla prevalenza delle neoplasie tiroidee.

Per fortuna che, proprio nell’agosto di quest’anno, uno studio della International Agency for Research on Cancer e dell’IRCCS di Aviano (PN) è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine fornendo dati che vanno nella direzione opposta e possono tranquillizzarci. “Paesi come gli Stati Uniti, Italia e Francia sono stati duramente colpiti dalla sovradiagnosi di cancro alla tiroide dal 1980, dopo l’introduzione dell’ecografia, ma il più recente e sorprendente esempio è la Repubblica di Corea “, afferma il dottor Salvatore Vaccarella, il ricercatore dello IARC che ha guidato lo studio. “Pochi anni dopo che l’ecografia della tiroide ha iniziato a essere ampiamente offerta nell’ambito di screening di popolazione, il cancro alla tiroide è diventato il cancro più comunemente diagnosticato nella popolazione femminile. In Corea circa 9 volte su dieci si trattava di sovradiagnosi “. La frazione stimata di casi di sovradiagnosi è compresa tra il 70% e l’80% in Australia, Francia, Italia e Stati Uniti. Nei maschi, la percentuale è simile ma meno pronunciata.

“La maggior parte dei casi di cancro alla tiroide oggetto di sovradiagnosi e sottoposti successivamente a tiroidectomia totale o ad altri trattamenti, come la dissezione linfonodale o la radioterapia, non trae benefici in termini di miglioramento di sopravvivenza”, sostiene Silvia Franceschi, uno degli autori dell’articolo. Sulla base di questi dati, il rapporto IARC mette in guardia contro uno screening sistematico della tiroide.

Sembra dunque opportuno recuperare il significato più vero del termine Prevenzione, sollecitando la popolazione a orientare i propri stili e abitudini di vita verso comportamenti capaci di promettere maggiore benessere: Tennis&Friends vanno entrambi benissimo, perché l’esercizio fisico e le relazioni affettive sono entrambi da raccomandare. Smettere di fumare e un’alimentazione bilanciata sono altri due elementi fondamentali per mantenersi in salute: sottoporsi a screening è cosa diversa dalla prevenzione primaria e serve un’informazione indipendente e bilanciata, che metta i cittadini nella condizione di poter decidere in maniera consapevole.

Fonte
Vaccarella S, Franceschi S, Bray F, Wild ChP, Plummer M, Dal Maso L. Worldwide thyroid-cancer epidemic? The increasing impact of overdiagnosis. N Engl J Med 2016; 375:614-617.

Dalla BAL
Noduli tiroidei benigni: per la maggior parte la prognosi è favorevole, 4 marzo 2015.
Scelte sagge anche per la tiroide, 21 luglio 2014.

1 commento

  1. franco maria romano
    7 Novembre 2016

    Cappuccetto Rosso e l’informazione medica.
    In Sanità i confini tra informazione e pubblicità sono piuttosto labili, e verifichiamo come quest’ultima si sia fatta sempre più insidiosa, persuasiva, fornendo spesso una informazione arbitraria camuffandola come vera educazione alla salute.
    Inserti e intere pagine dedicate alla salute da parte dei quotidiani e consimili, spot e rubriche televisive (TG1 Medicina, Medicina 33′, Mattino Cinque, Salute e Benessere, Il medico risponde, etc.) certamente informano il cittadino, ma si corre il rischio che possano risultare quanto inutili, quando non dannose. Questi interventi spesso si rivelano essenzialmente per quello che sono: vendere un prodotto e conferire notorietà e prestigio a coloro che a quelle trasmissioni partecipano con speranzoso entusiasmo.
    ” La moderna Cappuccetto Rosso, scrive McLuhan, allevata a suon di canzoncine pubblicitarie, non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dal lupo”.
    Per completare questo tipo di informazione sarebbe opportuno correlarla con i costi, con gli indirizzi degli studi dei medici “intervistati” e loro relativo onorario.Così da instaurare una guida. Lo si fa per i ristoranti, perchè non farla anche per i medici attribuendo loro magari un numero diverso di stelline?

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