Un rischio genetico rilevato sulla base di 27 polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) non solo è in grado di identificare le persone a rischio di un primo evento coronarico e di un secondo evento, ma identifica anche le persone che, se trattate con statine, traggono maggiore beneficio: sono le conclusioni di una analisi pubblicata sul Lancet da Jessica Mega (Harvard Medical School, Boston) e collaboratori.
Lo studio. L’analisi ha incluso partecipanti provenienti da uno studio di coorte (Malmo Diet and Cancer Study) e da 4 trial randomizzati controllati, su popolazioni in prevenzione primaria (ASCOT e JUPITER) e secondaria (CARE e PROVE-IT TIMI 22). Lo studio ha preso in considerazione dati relativi a 48.421 individui, con 3477 eventi. È stato assegnato un punteggio di rischio genetico sulla base di 27 varianti genetiche ad ogni individuo e studiata l’associazione con un primo o un secondo evento coronarico, aggiustando per i fattori di rischio tradizionali. Sono state poi analizzate le riduzioni di rischio relativo e assoluto con la terapia a base di statine, stratificando per punteggio di rischio genetico. I dati provenienti dai diversi studi sono stati poi valutati con una metanalisi. Le statine utilizzate: rosuvastatina, atorvastatina e pravastatina.
I principali risultati dello studio: I pazienti con un alto punteggio di rischio genetico trattati con statine hanno avuto, rispetto al gruppo trattato con placebo, una riduzione del rischio relativo del 47% (nel gruppo di pazienti con una precedente sindrome coronarica acuta) e del 50% (in prevenzione primaria).
Nelle persone con un basso punteggio di rischio genetico, le statine, in confronto con placebo, riducevano il rischio relativo solo del 3% nelle persone con un precedente evento cardiovascolare e del 34% in prevenzione primaria.
I commenti degli autori: Nathan Stitziel (Washington University, USA) ha detto al Guardian: “c’è bisogno di ulteriori ricerche per confermare tali risultati. Possiamo tuttavia dire che le persone con un alto punteggio di rischio genetico sembrano trarre benefici maggiori dalla terapia con statine perché hanno un maggiore rischio iniziale”. Come ha spiegato Jessica Mega in un’intervista pubblicata da Medscape: “La domanda che ci dovremo porre in futuro, quando conosceremo meglio i genomi , sarà: cosa fare di questa informazione? Non stiamo dicendo che si debba necessariamente testare tutti per queste 27 varianti. Ma, nel momento in cui tali varianti sono conosciute, l’informazione è utile per stratificare la terapia e per sapere chi può trarne il beneficio maggiore. Tali informazioni sono più importanti nella prevenzione primaria. Nella prevenzione secondaria, dopo un attacco di cuore, il consenso ufficiale è che tali pazienti dovrebbero assumere statine”.
Fonti:
Schunkertemail H, Samani NJ. Statin treatment: can genetics sharpen the focus? Lancet 2015 Mar 3. pii: S0140-6736(14)61931-0. doi: 10.1016/S0140-6736(14)61931-0. [Epub ahead of print]
Mega JL, Stitzel NO, Smith JG, et al. Genetic risk, coronary heart disease events, and the clinical benefit of statin therapy: an analysis of primary and secondary prevention trials. Lancet, Mar 3. pii: S0140-6736(14)61730-X. doi: 10.1016/S0140-6736(14)61730-X. [Epub ahead of print]
Michael O’Riordan. Genetic Risk Score Identifies Patients Who Benefit Most From Statin Therapy. Heartwire from Medscape, March 11, 2015