Introduzione
Epidemiologia
Comorbilità
Ereditabilità e genetica
Fattori di rischio non genetico
Anomalie neurobiologiche
Diagnosi
Il concetto di autismo è stato introdotto nel 1943 dallo psichiatra austriaco Leo Kanner per descrivere una sindrome caratterizzata da anomalie nella comunicazione e nella reciprocità sociale e da comportamenti rigidi e ripetitivi1. Gli studi condotti nei decenni successivi hanno supportato la validità di questo concetto diagnostico, documentando la presenza di specifiche caratteristiche cliniche che distinguono in modo attendibile l’autismo da altri disturbi, come il disturbo specifico del linguaggio, la schizofrenia e la disabilità intellettiva2,3. In linea con l’originale descrizione di Leo Kanner, i criteri diagnostici attuali, stabiliti dal DSM 54 includono due aree di compromissione:
L’autismo colpisce all’incirca 1 bambino su 100; la mediana della prevalenza a livello mondiale è di 0,62-0,70%5, anche se stime di 1-2% sono state evidenziate negli studi più recenti 6-7. Una prevalenza simile è stata riscontrata negli adulti 8. Circa il 45% delle persone con Disturbo dello Spettro Autistico (autism spectrum disorders, ASD) presenta una disabilità intellettiva 6 e circa il 30% presenta una regressione, cioè una perdita di competenze precedentemente acquisite 9. I maschi sono colpiti 4-5 volte più delle femmine, sebbene la differenza diminuisca nelle persone con associata disabilità intellettiva.
Le persone con autismo presentano, in più del 70% dei casi, condizioni mediche, psichiatriche e disturbi dello sviluppo in comorbilità 10. Sono colpite più spesso del normale da varie condizioni mediche – tra cui l’epilessia, presente nel 25-50% dei casi, la sindrome della X fragile, presente nell’1-2,5% dei casi, la sclerosi tuberosa, presente nello 0,4-2,8% dei casi, i disturbi del sonno, nel 50-80% dei casi – da condizioni psichiatriche come l’ansia (nel 42-56% dei casi) e la depressione (nel 12-70% dei casi) e da disturbi dello sviluppo, come l’ADHD (28-44% dei casi), i disturbi da tic (14-38% dei casi, di cui circa il 6,5% con sindrome di Tourette) 11-13. Sono frequenti anche problemi comportamentali, come aggressività (circa il 65% dei casi), autolesionismo (circa il 50% dei casi) e la pica (circa il 35% dei casi).
Gli ASD sono quindi un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da un esordio precoce di deficit socio-comunicativi e atipici interessi e comportamenti, ripetitivi e ristretti.
Le persone con autismo presentano profili cognitivi atipici, caratterizzati da compromissioni nella cognizione sociale e nelle funzioni esecutive, e atipici processi percettivi e di elaborazione delle informazioni 14-16.
L’autismo è un disturbo con un’elevata ereditabilità: la concordanza tra gemelli monozigoti è stimata tra il 60 e il 90% 17(Ronald e Hoekstra, 2011). L’architettura genetica dell’autismo si è rivelata complessa ed eterogenea, come dimostrato dagli studi di citogenetica, di linkage, di associazione, whole-genome o exome-sequencing18-19.
Si ipotizza che siano implicati più di 1000 geni, in larga parte coinvolti nell’organizzazione cerebrale, sia mutazioni rare, con ampio effect size, sia variazioni comuni, con un piccolo effect size. Le mutazioni rare (minor frequenza allelica < 5% della popolazione generale) sono frequentemente identificate e possono essere sindromi genetiche Mendeliane (il cosiddetto autismo sindromico che interessa circa il 5% delle persone con autismo), sia anomalie cromosomiche (circa il 5%) rare CNV (copy number variations; circa il 5-10%) e mutazioni puntiformi de novo o ereditate (single nucleotide variants) identificate con l’exome sequencing. Le variazioni comuni (ad esempio polimorfismi a singolo nucleotide con una frequenza allelica >5% della popolazione generale) sono state identificate principalmente con studi di associazione genome-wide, ma nessuna di esse ha un effetto sufficientemente ampio da poter essere considerato causale.
Di fatto, circa il 40% delle famiglie simplex e il 60% delle famiglie multiplex (in cui due o più persone presentano autismo) possono avere molteplici polimorfismi dei singoli nucleotidi che, combinati, sembrano avere un effetto di rischio additivo.
Altri fattori, di tipo non genetico, possono creare ulteriore rischio di sviluppare l’autismo, tra cui l’età dei genitori (più alta l’età, più alto il rischio), la nascita pre-termine, problematiche di vario tipo durante la gravidanza o durante il parto, l’esposizione a sostanze chimiche tossiche 20. La ricerca non ha ancora chiarito i meccanismi attraverso i quali la vulnerabilità genetica e i fattori non genetici interagiscono dando origine ai sintomi dell’autismo 21.
A livello neurobiologico è stata documentata un’ampia varietà di anomalie a livello fisico (per esempio macrocefalia – tra i 6 e i 24 mesi – o anomalie morfologiche in varie aree del cervello) e neurofisiologico (ridotta o eccessiva attività in varie strutture del cervello in risposta a determinati stimoli) che sono però non specifiche né universali 22.
Evidenze da studi condotti con metodiche elettrofisiologiche, di neuroimaging funzionale (resting-state e task-based connectivity), di neuroimaging strutturale (DTI, analisi volumetrica), di genetica molecolare (molecole che controllano l’adesione cellulare e le sinapsi, l’equilibrio tra sistemi eccitatori-inibitori) e di information processing, convergono sull’ipotesi che l’autismo sia caratterizzato da una connettività neuronale atipica 23.
La mancata identificazione di attendibili marker biologici fa sì che la diagnosi di autismo si basi sulla storia dello sviluppo e sull’osservazione comportamentale 24.
Le manifestazioni cliniche dell’autismo sono caratterizzate da estrema variabilità e attualmente l’autismo è considerato come uno spettro di condizioni dai confini sfumati che si collocano lungo un continuum di gravità. Per questa ragione a partire del DSM 5 è stato introdotto il termine disturbi dello spettro autistico, in sostituzione delle classificazioni precedenti, che prevedevano una serie di diversi sottotipi di autismo definiti da confini diagnostici precisi e mutualmente esclusivi. Il continuum che caratterizza gli ASD si manifesta in diversi livelli di gravità sintomatologica e diversi gradi di compromissione comunicativa e cognitiva, in cui si osservano a un estremo persone prive di linguaggio verbale e con una disabilità intellettiva profonda e all’altro persone con abilità linguistiche e intellettive anche superiori alla media. La maggior parte delle persone con autismo si colloca tra questi due estremi. Nonostante questa variabilità nella gravità dei sintomi, gli ASD sono considerati tra i disturbi evolutivi più invalidanti, e la maggior parte delle persone con autismo, compresi quelli con più alta funzionalità verbale e cognitiva, richiedono supporto e assistenza nella gestione della loro vita quotidiana 25-26.
Anche se molti bambini con autismo vengono diagnosticati dopo i tre anni, analisi retrospettive e studi prospettici hanno messo in luce che molti bambini presentano i primi sintomi già intorno ai 12 mesi; in molti casi la piena sintomatologia è identificabile solo dopo i 18 mesi, e in alcuni casi anche dopo i 24 mesi 27-28. I primi segni a comparire riguardano aspetti comunicativi e sociali, come l’assenza di contatto oculare, la mancanza di attenzione congiunta e di condivisione dell’affetto, la mancata comparsa del gesto di indicazione e di altri gesti comunicativi, e la mancata risposta al nome. Durante la prima infanzia emergono inoltre anomalie nel comportamento di gioco (assenza di gioco simbolico e modalità stereotipate nell’uso degli oggetti) e, nei bambini che sviluppano abilità verbali, anomalie nell’uso del linguaggio, come l’utilizzo di ecolalia, inversione pronominale e linguaggio idiosincratico 29. In età scolare si possono osservare miglioramenti nelle abilità comunicative e sociali in molti bambini con autismo, soprattutto se vengono messi in atto tempestivamente programmi di intervento adeguati.
In adolescenza tuttavia, di fronte alle sfide sempre più complesse poste dell’ambiente sociale, le persone con autismo possono sperimentare difficoltà ancora maggiori, a causa delle difficoltà nel navigare un mondo sociale che richiede abilità sempre più sofisticate.
Gli adulti con autismo continuano a presentare deficit nelle aree della comunicazione, reciprocità sociale e flessibilità del comportamento26,30.
Bibliografia
Da: Valeri G, Vivanti G. (2015). I disturbi dello spettro autistico. In: Vicari S, Vitiello B, eds. Terapia integrata in psichiatria dell’età evolutiva. Roma, Il Pensiero Scientifico Editore.